1. La presente legge detta i princìpi fondamentali in tema di mobbing, intendendosi per tale la violenza o persecuzione psicologica, come definita dal comma 2. Sono fatte salve le competenze delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano con riferimento agli interventi socio-sanitari in materia.
2. Per violenza o persecuzione psicologica si intendono gli atti posti in essere o i comportamenti tenuti dal datore di lavoro, dal committente, dall'utilizzatore ai sensi dell'articolo 20 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, da superiori ovvero da colleghi di pari grado o di grado inferiore, nei confronti del lavoratore, finalizzati a danneggiare l'integrità psico-fisica di quest'ultimo e che sono svolti con carattere sistematico e duraturo e con palese predeterminazione.
3. Gli atti e i comportamenti rilevanti ai fini della presente legge si caratterizzano per il contenuto vessatorio e per le finalità persecutorie e si traducono in maltrattamenti verbali e in atteggiamenti che danneggiano la personalità del lavoratore, quali il licenziamento, le dimissioni forzate, il pregiudizio delle prospettive di progressione di carriera, l'ingiustificata rimozione da incarichi già affidati, ingiustificate discriminazioni e penalizzazioni del trattamento retributivo, l'esclusione dalla comunicazione di informazioni rilevanti per lo svolgimento delle attività lavorative, la svalutazione dei risultati ottenuti.
4. Ai fini dell'accertamento della responsabilità soggettiva, l'istigazione da parte di soggetti che rivestono incarichi in posizione sovraordinata è equivalente alla commissione del fatto.
1. I datori di lavoro, i committenti o gli utilizzatori ai sensi dell'articolo 20 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e le rispettive rappresentanze sindacali adottano tutte le iniziative necessarie, ivi comprese apposite regole di comportamento, tenendo conto anche dell'esigenza di promuovere condizioni di pari opportunità, intese a prevenire e a contrastare i fenomeni di violenza e di persecuzione psicologica di cui alla presente legge e a rimuoverne le cause.
2. Qualora gli atti e i comportamenti di cui all'articolo 1 siano denunciati, da parte di singoli o da gruppi di lavoratori, il datore di lavoro, i committenti o gli utilizzatori ai sensi dell'articolo 20 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, anche su richiesta delle rappresentanze sindacali aziendali, hanno l'obbligo di porre in essere procedure tempestive di accertamento dei fatti denunciati e di predisporre misure idonee per il loro superamento, anche coinvolgendo, ove ne ravvisino la necessità, i lavoratori dell'area interessata.
3. I soggetti che stipulano i contratti collettivi nazionali di lavoro hanno la facoltà di adottare codici antimolestie e, in particolare, codici volti alla prevenzione degli atti e comportamenti di cui all'articolo 1, anche mediante procedure di carattere conciliativo e tecniche incentivanti.
1. I datori di lavoro, i committenti, pubblici o privati, ovvero gli utilizzatori ai
1. Il personale ispettivo del Ministero del lavoro e della previdenza sociale impartisce, nei confronti dei soggetti che pongono in essere gli atti o i comportamenti di cui all'articolo 1, le disposizioni di cui all'articolo 14 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124.
2. La mancata ottemperanza alle disposizioni impartite ai sensi del comma 1 comporta l'applicazione della sanzione amministrativa da 1.000 euro a 6.000 euro.
1. Nei confronti di coloro che pongono in essere gli atti o i comportamenti previsti dall'articolo 1 si configura responsabilità disciplinare, secondo quanto previsto dalla contrattazione collettiva.
2. La medesima responsabilità di cui al comma 1 del presente articolo grava su chi denuncia consapevolmente fatti di cui all'articolo 1 che si rivelino inesistenti per ottenere vantaggi comunque configurabili.
1. Qualora siano posti in essere atti o comportamenti previsti dall'articolo 1, su
1. Su istanza della parte interessata, il giudice può disporre che della sentenza di accoglimento ovvero di rigetto di cui all'articolo 6 sia data informazione, a cura del datore di lavoro, del committente o dell'utilizzatore ai sensi dell'articolo 20 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, mediante lettera ai lavoratori interessati, per unità produttiva o amministrativa nella quale si sia manifestato il caso di violenza o persecuzione psicologica oggetto dell'intervento giudiziario, omettendo il nome della persona che ha subìto tali azioni.
1. Tutti gli atti o i fatti che derivano da comportamenti di cui all'articolo 1 sono nulli.
2. I provvedimenti relativi alla posizione soggettiva del lavoratore che ha posto in essere una denuncia per comportamenti di cui all'articolo 1, in qualunque modo peggiorativi della propria condizione professionale, compresi i trasferimenti e i licenziamenti, adottati entro un anno dalla data della denuncia, si presumono a contenuto discriminatorio, salvo prova contraria, ai sensi dell'articolo 2728, secondo comma, del codice civile.
1. Gli obblighi derivanti dagli articoli 2 e 3 a carico delle pubbliche amministrazioni, in qualità di datori di lavoro o di committenti, trovano applicazione esclusivamente nei limiti degli ordinari stanziamenti di bilancio.
2. Dall'attuazione degli articoli 2 e 3 non possono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.